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Sottili distinzioni tra le posizioni dell'astenuto, dell'assente e del dissenziente

DELIBERAZIONI INVALIDE
CHI LE PUÒ IMPUGNARE?

Ricorso da proporre entro 30 giorni

Art. 1137 - Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea. Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzioine del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.


Le deliberazioni assembleari sono definite dalla giurisprudenza come atti negoziali plurisoggettivi.

Esse esprimono una volontà vincolante per tutti i condòmini che si impone su quella dei singoli, abbiano o meno questi ultimi concorso, con il loro voto, alla sua formazione. L'obbligatorietà delle delibere però è un connotato che si ricollega alla legittimità delle delibere stesse.

Infatti contro le delibere annullabili, cioè contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, entro i termini di 30 giorni, che ai sensi dell'art. 1137, u.c. del c.c., decorrono dalla data della deliberazione o dalla data di comunicazione, a seconda che si tratti, rispettivamente, di dissenzienti o assenti.
A differenza di quanto disposto per le delibere annullabili dall'art. 1137 citato, per le delibere nulle la Corte Suprema aveva in passato riconosciuto la possibilità di impugnarle non solo "ai condòmini assenti o dissenzienti, ma anche a quelli che si sono astenuti dal votare e hanno votato scheda bianca", con esclusione di "quei condòmini che hanno espresso voto favorevole i quali non hanno interesse a far valere una nullità alla quale essi stessi hanno dato causa, contribuendo alla formazione della volontà collettiva" (Cass. Civ. 25/7/1978, n. 3725).
Successivamente, in considerazione del fatto che le delibere nulle sono giuridicamente inidonee a produrre effetti e pertanto non possono essere eseguibili, e che la regola per la quale chi ha dato causa a una nullità non la può fare valere è tipica della materia processuale (Cass. Civ. 27/07/1982, n. 3232), è stato considerato il principio di carattere generale, dettato anche per i contratti (art. 1421 c.c.), secondo il quale la nullità può essere fatta valere da chiunque abbia un interesse (Cass. civ. n. 3232, cit.), senza limiti di tempo.
Individuati chi sono i soggetti legittimati ad impugnare le delibere affette da invalidità, la giurisprudenza e la dottrina non sono univoche in ordine alla legittimazione all'impugnazione del condomino che si è astenuto nella votazione della delibera annullabile.
Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che il condomino che interviene in assemblea è libero di votare o non ma, a garanzia degli altri partecipanti affinché essi siano messi in grado di valutare le concrete possibilità di impugnativa di una delibera che vogliano adottare, egli deve esternare con il voto la sua intenzione; in tale prospettiva, l'art. 1137 riconoscendo tale legittimazione solo ai condòmini assenti e dissenzienti, sanzionerebbe l'inerzia in virtù dei principi di autoresponsabilità e affidamento a tutela dei terzi (Cass. civ. 25/07/1978, n. 3725).
In altre pronunce invece è prevalso l'orientamento positivo a riconoscere la legittimazione all'impugnazione anche all'astenuto, sulla base del rilievo che l'astenuto deve essere equiparato al dissenziente, poiché entrambi non hanno contribuito alla formazione della volontà assembleare, non avendo sostanzialmente approvato la delibera (Cass. Cic. 9/12/1988, n. 6671; 29/7/1971, n. 2217; 5/6/1969, n. 3060).
Ora, dal momento che l'astenuto non esprime alcuna volontà, non si capisce perché dovrebbe necessariamente essere equiparato al dissenziente e non a colui che ha approvato; né perché la menzione dell'art. 1137, u.c. dei soli assenti e dissenzienti fra i legittimati all'impugnazione, debba essere intesa, nei confronti degli astenuti, in termini sanzionatori.
Se tutti i condòmini hanno il diritto di essere convocati in assemblea e il diritto di votare; se sono liberi di non partecipare all'assemblea, e se, come sostiene la Cassazione (sent. 3725/78, cit.) sono liberi anche di non votare; perché, in quest'ultimo caso, non dovrebbero essere legittimati all'impugnazione, considerando che l'art. 1137, 2° co., non fa nessuna distinzione quando parla di "ogni condomino dissenziente"?
Intendendo così l'articolo sopra citato, la distinzione contenuta nel suo 3° comma, non avrebbe lo scopo di individuare i legittimati all'azione (già designati nel 2° co.), ma di stabilire il momento dal quale decorrerebbero i termini di decadenza del ricorso, sulla base di una inesatta distinzione tra dissenzienti e assenti (chi impugna è sempre dissenziente, anche se assente; mentre chi è assente potrebbe essere anche consenziente).
Dal punto di vista del consenso, la posizione dell'astenuto e quella dell'assente sono equiparabili: entrambi non manifestando la volontà in alcun modo, pienamente consapevoli che la delibera vincolerà comunque anche loro (art. 1137, 1° co.), e che, per quanto riguarda l'astenuto, il non esprimersi non va ad incidere sull'esito della votazione, in quanto è irrilevante che "questo al momento del voto, abbia formulato riserva da sciogliere dopo la seduta" (Cass. Civ. n. 6671/88, cit.).
A sostegno di quanto sopra esposto, di recente la S. C., ha affermato che "in difetto di una norma specifica, che alla dichiarazione di astensione attribuisca un contenuto ed una efficacia precisi, poiché il potere di impugnazione è riconosciuto a coloro i quali non hanno concorso alla approvazione, dal sistema si ricava essere legittimati ad impugnare le delibere anche i condòmini astenuti, in quanto si trovano nella stessa posizione dei partecipanti dissenzienti ed assenti, non avendo neppure essi contribuito alla approvazione" (Cass. Civ. sent. n. 129 dell'8/01/1999).
Del resto, se tale diritto viene riconosciuto all'assente in quanto dissenziente, non si vede perché non possa essere riconosciuto all'astenuto, il quale trovandosi davanti ad una delibera invalida per cause a lui ignote al momento della votazione, potrebbe successivamente manifestare il suo dissenso impugnando la stessa (chiaramente, i trenta giorni per l'impugnazione, decorreranno dalla data della deliberazione, come per i presenti, art. 1137, u.v.).
In tal caso veramente sarebbe salvo il principio di autoresponsabilità e affidabilità e affidamento a tutela dei terzi e di se stesso, considerando che il diritto di tutela, è stato posto dal legislatore a fondamento del diritto all'impugnazione.

Luana Tagliolini

Dirigente Unai

 

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