Norme recenti
consentono deroghe alle maggioranze stabilite dal Codice
INNOVAZIONI: IN QUALI
CASI
È POSSIBILE EFFETTUARLE?
Parcheggi sotterranei: ecco come procedere
1120.
Innovazioni – I condomini, con la maggioranza indicata dal
quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni
dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento
delle cose comuni.
Sono vietate le innovazioni
che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza
del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che
rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso
o al godimento anche di un solo condomino.
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1121.
Innovazioni gravose o voluttuarie – Qualora l’innovazione
importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario
rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio,
e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione
separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono
esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione
separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo
che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata
intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto
dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono
tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione,
contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.
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Il legislatore riconosce,
all'art. 1120 c.c., il diritto dell'assemblea condominiale con delibera
approvata a maggioranza qualificata (maggioranza dei partecipanti
al condominio che rappresenti i due terzi del valore dell'edificio)
di disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso
più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni con esclusione
delle innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o
alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico
o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso
o al godimento anche di un solo condomino.
L'art. 1121 c.c.,
poi, disciplina il caso in cui l'innovazione sia suscettibile di utilizzazione
separata (ad esempio l'installazione dell'ascensore) e comporti una
spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari
condizioni e all'importanza dell'edificio. In tale ipotesi i condomini
dissenzienti non sono vincolati al contribuire alla spesa. Se l'utilizzazione
separata non è possibile, i condomini che l'hanno deliberata possono
ugualmente eseguire l'opera accollandosi integralmente la spesa.
Il primo problema che discende dalla lettura
dei due articoli riguarda il significato da attribuire al termine
innovazione. In senso etimologico è innovazione ogni modificazione
materiale o funzionale della cosa, mentre in senso tecnico–giuridico
viene individuata un'innovazione in ogni modificazione della cosa
comune che importi modifica della destinazione (ad esempio la trasformazione
del tetto in terrazza, del cortile in giardino).
Trasformazioni e modificazioni
La giurisprudenza tende ad effettuare un'importante
distinzione tra trasformazione e modificazione: così le innovazioni
contemplate nell'art. 1120 c.c., per le quali è indispensabile il
consenso della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresenti
i due terzi del valore dell'edificio, sono costituite dalle opere
sulla cosa comune che incidano sull'essenza di essa e ne alterino
la originaria funzione e destinazione; si inquadrano invece tra le
modificazioni quelle che, senza alterare la consistenza e la destinazione
e senza pregiudicare i concorrenti diritti di uso e di godimento degli
altri condomini, siano rivolte alla migliore e più conveniente utilizzazione
della cosa stessa.
Le innovazioni, inoltre, devono essere distinte
dalle opere di manutenzione ordinaria o straordinaria. Infatti queste
ultime rivestono un carattere di necessità che manca per le opere
innovative. Ciò è importante perché mentre la decisione relativa all'effettuazione
di un'innovazione è rimessa alla maggioranza qualificata dei condòmini,
l'opera di manutenzione può essere pretesa anche dal singolo condomino.
Non tutte le innovazioni sono ammissibili:
l'art. 1120, II comma, pone un divieto insuperabile relativamente
a tutte quelle opere che possano pregiudicare la stabilità o la sicurezza
del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico o che precludano
o diminuiscano per alcuni condomini l'uso ed il godimento di talune
parti dell'edificio.
Deroghe per casi particolari
Il legislatore, per agevolare la realizzazione
di interessi della collettività, ha approvato norme che derogano alla
rigida maggioranza prevista dall'art. 1120 c.c. in tema di innovazioni.
La legge 9 gennaio 1989 n. 13, all'art.
2 dispone che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni
da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere
architettoniche, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e
l'installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la
mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate
dall'assemblea di condominio con le maggioranze previste dall'art.
1136 c.c., II e III comma (maggioranza degli intervenuti rappresentanti
la metà del valore dell'edificio in prima convocazione, un terzo dei
condomini che rappresentino un terzo del valore dell'edificio in seconda
convocazione). Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere,
o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le
deliberazioni suddette, i portatori di handicap possono installare
(se ciò non pregiudica la sicurezza o alteri il decoro architettonico
dell'edificio o renda inservibili parti comuni), a proprie spese,
servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono
anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso al fine di rendere
più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori ed alle rampe dei
garages.
La legge 24 marzo 1989 n. 122 all'art. 9
dispone che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi oppure nei locali siti al piano terreno dei fabbricati,
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari.
Le delibere che hanno per oggetto l'approvazione di tali opere devono
essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti
la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
La legge 9 gennaio 1991 n. 10, volta a favorire
il risparmio energetico, all'art. 26 dispone che le deliberazioni
di approvazioni di interventi in parti comuni, volti al contenimento
del consumo energetico negli edifici stessi, sono valide se approvate
a maggioranza delle quote millesimali.
Avvocato Paolo
Ribero
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