Art.
1129 - Nomina e revoca dell’amministratore.
Quando i condomini
sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se
l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria,
su ricorso di uno o più condomini.
L’amministratore dura
in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere
revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino,
oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo
1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione,
ovvero se vi sono fondati sospetti dii gravi irregolarità.
La nomina e la cessazioto
per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate
in apposito registro.
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L’art. 1129, primo
comma c.c. impone l’obbligo di nominare l’amministratore di un condominio,
quando i condomini sono più di quattro. Lo stesso art. 1129 dispone
che qualora l’assemblea non provveda, la nomina è fatta dall’autorità
giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
Trattasi di norma
carattere inderogabile, come è stabilito in maniera espressa dall’art.
1138, u.c., c.c., per cui un regolamento contrattuale, approvato da
tutti i condòmini, oppure eventuali accordi, intervenuti tra tutti
i condòmini, non possono escludere la nomina dell’Amministratore,
pena la loro nulità (Cass. 3.8.1996, n. 2155).
L’art. 1129 c.c. introduce, pertanto, nel
condominio un organo necessario cioè che partecipa direttamente all’andamento
della vita comune, un personaggio che si può dire il “punto chiave”,
il fulcro, su cui sono accentrati gli sguardi di tutti coloro che
gli stanno attorno e che compongono cioè la totalità del condominio.
Infatti, anche se in buona sostanza è un mero organo esecutivo, tuttavia
egli sarà costantemente chiamato a sciogliere i più disparati problemi,
ad adottare le misure più idonee, ad impartire le opportune direttive
per una valida tutela dei beni comuni.
Nomina
L’art. 1129 c.c. non fissa alcuna limitazione
nella scelta dell’amministratore; chiunque può essere nominato amministratore.
Si è discusso però
se l’amministratore debba essere una persona fisica, se vi siano o
meno incompatibilità, se debba essere solo un condomino e se possa
essere nominata una persona giuridica (società di persone o di capitali).
Particolare attenzione merita la possibilità
di configurare una pluralità di amministratori, ipotesi che ricorre,
appunto, quando la carica viene attribuita ad uno studio di amministrazione
che costituisce, dal lato esterno, un’associazione professionale,
e dal lato interno, si configura come una società di fatto soggetta
alle stesse regole delle società di persone.
La possibilità di considerare una pluralità
di amministratori organizzati e soggetti alle regole di una società
di persone trova, secondo la Corte Suprema, la sua normativa nell’art.
1106 c.c., dettato in tema di comunione, ma applicabile al condominio
per il rinvio generale contenuuto nell’art. 1139 c.c.. In altri termini,
vale anche in materia di condominio il principio che giustifica la
delega dell’amministratore della comunione a più partecipanti, e cioè
la maggiore tutela degli interessi dei singoli partecipanti rimessa
alla loro volontà.
Non è di ostacolo alla presenza di più amministratori
neppure la mancanza fra le norme del condominio di una disposizione
che individui, tra essi, quello tenuto a rappresentare il condominio
nei rapporti con i terzi.
Per l’esercizio dell’attività di amministratore
non è richiesto il possesso di un titolo professionale né l’iscrizione
in alcun albo, anche se non sono mancate inziative parlamentari, rimaste
finora inattuate, tendenti a istituire un elenco di amministratori
di condominio presso il Tribunale con la previsione di determinati
requisiti di moralità e professionalità, oltre il superamento di un
esame di idoneità.
Per ovviare a questi inconvenienti è possibile
che i regolamenti o l’assemblea condominiale possano stabilire alcune
incompatibilità o indicare requisiti per la persona a cui affidare
l’incarico di amministratore.
Revoca
L’art. 1129 c.c. al secondo comma disciplina
la revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea, mentre al terzo
comma si occupa della revoca da parte dell’autorità giudiziaria.
Revoca da parte dell’assemblea
L’amministratore può essere sollevato dal
proprio incarico “in qualunque tempo” e quindi anche prima della scadenza
dell’anno. Quanto ai motivi l’assemblea non è tenuta a indicare le
ragioni della revoca, che pertanto può prescindere dalla sussistenza
della giusta causa.
Nulla impedisce, tuttavia, che l’assemblea
specifichi i motivi che la inducono ad adottare il provvedimento di
revoca dell’incarico all’amministratore.
Tali motivi possono riferirsi a quelle cause
che legittimano anche la revoca da parte dell’autorità giudiziaria,
o ad altre distinte ovvero anche ragioni di opportunità che non consentono
il mantenimento dell’incarico. La revoca in questo caso ha una giusta
causa e viene definita “revoca giustificata”.
Mentra in quest’ultimo tipo di revoca non
si pone il problema dell’obbligo di risarcimento di danni, controversa
è la questione nel caso di revoca ingiustificata e anticipata dell’amministratore
con incarico retribuito. Al riguardo si può dire che l’indirizzo per
una soluzione positiva della questione poggia sull’art. 1725, primo
comma c.c., il quale in relazione alla revoca di un mandato oneroso
per tempo indeterminato pone a carico del mandante l’obbligo di risarcire
i danni al mandatario, qualora la revoca si intervenuta
prima della scadenza del termine e senza
indicazione di giusta causa. Circa il danno, che l’amministratore
può pretendere, si può rapportare il “quantum” al residuo importo
del compenso ancora dovuto allo stesso amministratore fino alla scadenza
annuale del mandato.
Va risolta ancora in senso positivo la questione
se l’amministratore revocato possa essere nominato nuovamente dall’assemblea,
quando sia stato ricostituito il rapporto di fiducia tra amministratore
e condominio. Per la revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea
si richiede la maggioranza prevista dall’art. 1136, quarto comma,
c.c., come per la nomina (maggioranza degli intervenuti e almeno metà
del valore dell’edificio)
Revoca giudiziaria
I casi di revoca giudiziaria, a differenza
di quanto avviene per la revoca assembleare, sono tassativamente previsti,
e quindi, devono essere giustificati. Costituiscono motivi di revoca
giudiziaria dell’amministratore il mancato rendiconto della gestione
per due anni, l’esistenza di fondati sospetti di gravi irregolarità
e l’omessa comunicazione all’assemblea dei condòmini di citazioni
o di provvedimenti amministrativi concernenti le parti comuni dell’edificio
ed esorbitanti dalle attribuzioni dell’amministratore.
Per quel che riguarda il procedimento di
revoca la relativa istanza va rivolta da uno o più condòmini al Tribunale,
che decide in Camera di Consiglio con decreto motivato, sentito l’amministratore.
Avverso il provvedimento di revoca può essere proposto reclamo alla
Corte d’Appello nel termine di 10 giorni dalla notificazione.
Altri fatti estintivi
La cessazione dell’incarico di amministratore
può derivare, oltre che dalle cause già esaminate, dalla morte dello
stesso amministratore e dalla sopravvenuta incapacità di agire conseguente
all’interdizione o inabilitazione. Altra causa incidente sulla capacità
dell’amministratore a ricoprire l’incarico è la dichiarazione di fallimento.
Avv. Paolo Ribero